Un piccolo vademecum per chiarire alcuni punti fondamentali di questa pratica orientale
Agli inizi degli anni ’90 rappresentava l’esotico, una pratica avvolta dal fascino della cultura orientale.
Poi, nel corso dei decenni successivi, il termine shiatsu è entrato a poco a poco nel linguaggio comune, andando a identificare nell’immaginario collettivo un massaggio lento e rilassante, fatto di lunghe pressioni sul corpo accompagnate da una qualche musica zen. Errore: innanzitutto perché lo shiatsu non è semplicemente un massaggio.
Lo spiega con pazienza (per l’ennesima volta) l’insegnante e operatrice professionista Mariangela Pettinari, membro del componente direttivo della FISieo. In occasione della Settimana dello Shiatsu, che quest’anno si celebra dal 18 al 25 settembre con scuole aperte e trattamenti gratuiti, ecco allora le 5 cose che non sappiamo di questa pratica.
Non è un massaggio, è un trattamento
Lo shiatsu non ha come finalità soltanto quella di rilassare o tonificare il corpo agendo su muscoli e tendini. "Sebbene risulti molto rilassante - spiega Mariangela - è in realtà un progetto lavorativo che prevede il riequilibrio energetico della persona con una modalità orientale, difficile da paragonare con altre discipline occidentali. Lo scopo è quello di stimolare le capacità di autoguarigione dell’organismo agendo attraverso la stimolazione di punti e canali energetici sulle zone del corpo, ma anche sugli stessi organi interni. Il tutto, senza distinzione tra parte fisica e psichica: questa è la meraviglia del modello orientale".
È giapponese, ma con antenati cinesi
La parola "shiatsu" è stata coniata in Giappone il secolo scorso, ma questa pratica - così come accade spesso per la medicina orientale - affonda le proprie radici nella millenaria cultura cinese. In particolare, il riferimento più diretto è quello al Tui Na, l’antico massaggio tradizionale cinese.
Non si fa su un lettino, ma sul futon
La tecnica del trattamento prevede che l’operatore lavori utilizzando il peso del proprio corpo in maniera perpendicolare e senza l’uso di forza. Ne risulta un contatto estremamente piacevole ed efficace. Per questo si lavora a terra sul futon, il materassino classico giapponese.
Lo shiatsu non obbliga il cliente a spogliarsi
Questo può avere che fare con l’antico pudore orientale, e più in generale con la riservatezza del corpo femminile. Ma soprattutto questo è possibile perché le informazioni che occorrono all’operatore sono legate ad aspetti diversi rispetto al contatto diretto con la pelle. "Bisogna ricordare sempre - precisa Mariangela - che è importante avere una fibra naturale a contatto con la pelle, come ad esempio il cotone".
Una seduta non basta, serve un percorso
Chi si sottopone per la prima volta a una seduta di shiatsu lo fa solitamente per un problema specifico. Può essere una contrattura, o un dolore, o un malessere emotivo. Cinque o sei sedute danno normalmente grandi benefici.
Davanti a uno squilibrio di lungo tempo, però, l’intervento deve essere più continuativo. "Chi si avvicina allo shiatsu sa che sta intraprendendo un percorso verso una maggiore consapevolezza di sé e della propria interiorità - sottolinea l’insegnante -.
Qualche seduta sporadica, dunque, può portare benefici molto limitati, rispetto a quello che può garantire un trattamento in continuità, che aiuta a restare in equilibrio nel lungo periodo: chi fa dello shiatsu una parte integrante della propria esistenza invecchia bene, e solitamente con una qualità della vita in termini di salute molto alta".
Fonte: GQItalia.it vai all’articolo
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